Pd, dopo lo scontro Lai-Sanna tentativi per una tregua

14 APRILE 2012
Uno scontro nel partito alla vigilia delle elezioni non è esattamente quello che ci vuole e persino il litigiosissimo Pd ha capito che forse è meglio una tregua. La polemica frontale tra il segretario Silvio Lai e la presidente Valentina Sanna ha riacceso gli animi ma ora il tentativo da parte di tutti è quelli di rinviare il chiarimento a dopo il voto comunale. (da La Nuova Sardegna)


La commissione di garanzia, invitata da Lai a pronunciarsi dopo la mancata convocazione dell’assemblea da parte di Sanna, ha stabilito che lo statuto è in vigore e pertanto l’assemblea deve essere convocata. La presidente, che aveva scritto a Bersani, non si è presentata ma aveva già chiarito che il «no» non era legato alla potestà del segretario quanto al rischio che un ordine del giorno non chiaro (a lei mai pervenuto, così ha detto) potesse provocare l’approvazione di atti illegittimi. Silvio Lai, pur criticando Valentina Sanna («non può non sapere che lo statuto è in vigore») ha comunque rivolto un appello al senso di responsabilità.

L’assemblea dovrebbe discutere delle nuove regole sulle candidature (Lai e i suoi sospettano che la presidente voglia proteggere l’”anziano” Paolo Fadda, ora leader della minoranza dopo il ribaltone del segretario con l’ingresso della corrente di Renato Soru in maggioranza). Ma contro Lai ieri si sono schierati altri due consiglieri regionali non riconducibili all’area degli ex popolari, Chicco Porcu e Luigi Lotto. Iquali hanno sostenuto la linea della necessità di un «profondo chiarimento politico interno» da fare dopo le elezioni comunali. Alle elezioni amministrative hanno pensato alcuni esponenti della maggioranza: Mario Bruno, Marco Espa e Antonio Solinas (tutti impegnati a sostenere i candidati sindaci) che hanno rivolto un appello all’unità «secondo le attese degli elettori».

Idv, no ad alleanze con chi sta col Pdl

Nessun allargamento della coalizione di centrosinistra a partiti che sostengono la giunta Cappellacci. Lo ha ribadito il coordinamento dell’Idv, riunitosi a Nuoro. «Il governo di destra che governa la Regione – ha sostenuto il partito guidato da Federico Palomba - non si è opposto agli innumerevoli scippi perpetrati in danno della Sardegna». I dipietristi si presenteranno alle elezioni comunali con proprie liste nelle città oltre i 15.000 abitanti «in un quadro rigorosamente di centrosinistra, senza ampliamenti della coalizione a partiti, simboli e poli che non ne facciano parte». In alcuni Comuni il partito correrà anche con un proprio candidato sindaco. « In coerenza con le determinazioni assunte dal tavolo di coalizione, l’Idv – è detto in una nota – ritiene che le riforme non possano essere esclusiva del Consiglio regionale, dovendo investire le forze politiche presenti nella società sarda. Per questo ritiene che occorra convocare uno specifico incontro ed evitare decisioni con partiti estranei al centrosinistra che possano prefigurare un allargamento della stessa coalizione».

Fli, l'operazione per "liste pulite"

«Fuori i corrotti dalla politica». È il motto dell’iniziativa lanciata anche in Sardegna da Futuro e libertà e presentata dal leader regionale Ignazio Artizzu, affiancato dal deputato Fabio Granata e dalla dirigente del partito Maddalena Calia. L’iniziativa si chiama «Liste pulite» ed è una sorta di codice etico: un invito a tenere fuori dagli elenchi dei candidati alle elezioni, ma anche dall’amministrazione, tutti i politici che siano stati condannati per reati come concussione, corruzione, associazione mafiosa, truffa. «Insomma - ha spiegato Artizzu - tutti coloro che sono stati condannati per reati “odiosi” contro la pubblica amministrazione. Noi di Fli abbiamo un primato: quello di non avere nemmeno un inquisito in Parlamento». Anche in Sardegna è partita la doppia raccolta di firme. La prima perché venga inserita nel Codice penale la obbligatorietà della interdizione dai pubblici uffici in caso di condanna per reati associativi e contro la pubblica amministrazione. La seconda riguarda l’invito ai leader dei partiti a non candidare chi sia stato condannato anche con sentenza non definitiva per lo stesso genere di reati.